6 dicembre 1478
Casatico, Mantova, Italia
7 febbraio 1529
Toledo, Spagna
Diplomatico, autore, cortigiano
“È meglio passare sotto silenzio ciò che non può essere ricordato senza dolore.”
Baldassare Castiglione nel Libro del Cortegiano.
Lo scrittore, cortigiano e diplomatico italiano Baldassare Castiglione fu uno degli scrittori più influenti del Rinascimento. Il Rinascimento fu un movimento culturale iniziato da studiosi chiamati umanisti, che promossero la rinascita della letteratura e della filosofia umano-centrica dell’antica Grecia e di Roma, nonché nuove traduzioni di testi biblici (libri sacri ebraici e la Bibbia cristiana). Egli si classifica con il drammaturgo e poeta inglese William Shakespeare (1564-1616; vedi voce) e il saggista francese Michel de Montaigne (1533-1592; vedi voce) per importanza nella letteratura europea. Castiglione è conosciuto principalmente per il Libro del Cortegiano, in cui ritraeva il cortigiano ideale (gentiluomini di corte). Quest’opera fu un veicolo principale nella diffusione dell’umanesimo italiano in Inghilterra e Francia. (L’umanesimo era un movimento che ebbe origine a Firenze, in Italia. Era basato su un rinnovato apprezzamento dei valori dell’antica civiltà greca e romana, enfatizzando il potenziale umano per la realizzazione e il miglioramento. L’Umanesimo fu la forza motivante del Rinascimento.)
Serve come cortigiano
Baldassare Castiglione nacque il 6 dicembre 1478 a Casatico, in Italia, in provincia di Mantova. Apparteneva ad una famiglia illustre della Lombardia, una regione del nord Italia. Dopo aver ricevuto un’educazione classica a Mantova e a Milano, servì alla corte di Lodovico Sforza (1452-1508), duca di Milano, dal 1496 al 1499. Quando suo padre morì nel 1499, Castiglione tornò a Mantova ed entrò al servizio di Francesco Gonzaga (1466-1519), duca di Mantova. Nel 1503 combatté con le forze di Gonzaga contro gli spagnoli a Napoli. Sulla sua strada verso nord si fermò a Roma e Urbino. Entrambe le città lo affascinarono. La sua richiesta di trasferimento alla corte di Guidobaldo da Montefeltro (1472-1508), duca di Urbino, fu concessa a malincuore nel 1504 dal Gonzaga.
A Urbino, Castiglione partecipò alle discussioni intellettuali guidate dalla moglie di Guidobaldo, Elisabetta, duchessa di Urbino. Scrisse un’opera drammatica, Tirsi, per un carnevale a Urbino nel 1506. L’opera è una celebrazione della corte di Guidobaldo, della duchessa e di molti amici che sarebbero apparsi in modo rilevante nel Libro del Cortegiano. Il servizio di Castiglione a Urbino gli diede accesso alla corte di Papa Giulio II (1443-1513; regnò 1503-1513), dove divenne amico dell’artista italiano Raffaello (1483-1520; vedi voce).
Dopo la morte di Guidobaldo nel 1508, Castiglione rimase al servizio del successore del duca, Francesco Maria della Rovere (1490-1538), e partecipò alle azioni militari di Urbino. Organizzò anche la prima rappresentazione di Calandria (Follie di Calandro), una commedia (gioco umoristico) del cardinale e drammaturgo italiano Bernardo Dovisi (detto Bibiena; 1470-1520). Castiglione scrisse un prologo (introduzione) all’opera, che ora è perduto. Nel 1513 fu nominato conte di Nuvolara da Rovere. Tre anni dopo si sposò, ma divenne chierico (funzionario ecclesiastico) nel 1521 dopo la morte della moglie. Nel 1524 fu inviato da papa Clemente VII (1478-1534; regnò 1523-34) come ambasciatore alla corte del Sacro Romano Imperatore Carlo V (1500-1558; vedi voce) in Spagna. La missione si rivelò sfortunata, poiché Castiglione riportò erroneamente le intenzioni dell’imperatore nel periodo che portò al sacco (distruzione) di Roma da parte dell’esercito di Carlo nel 1527.
Il Libro del Cortegiano è un grande successo
Il Libro del Cortegiano fu pubblicato nel 1528, sebbene Castiglione avesse sviluppato l’idea principale alla corte di Urbino nel 1507 e l’avesse scritto dal 1513 al 1516. L’opera ebbe un successo enorme e immediato. Consiste di quattro sezioni, o libri, in cui Castiglione fonde l’apprendimento classico nel formato della conversazione educata tra i cortigiani e le loro signore. Nel primo libro i cortigiani e le dame riuniti propongono giochi per il loro divertimento e decidono di “ritrarre a parole un perfetto cortigiano”. Tutti i partecipanti “potranno contraddire l’oratore come nelle scuole dei filosofi”. Le discussioni sono condotte da Ludovico da Canossa (1476-1532), un diplomatico di Verona, Italia, e un parente di Castiglione. I partecipanti decidono che il cortigiano dovrebbe essere nobile, spiritoso e piacevole. Dovrebbe essere un abile cavaliere e un guerriero (la sua professione principale) che è devoto al suo principe. Dovrebbe conoscere il greco, il latino, il francese e lo spagnolo, ed essere abile nella letteratura, nella musica, nella pittura e nella danza. Il comportamento del cortigiano dovrebbe essere caratterizzato da grazia e facilità, e dovrebbe evitare accuratamente qualsiasi affettazione.
Il secondo libro è una trattazione dei modi e delle circostanze in cui il cortigiano ideale potrebbe dimostrare le sue qualità. Sottolinea il decoro (comportamento corretto) e le abilità di conversazione. All’inizio Federico Fregoso (morto nel 1541), cardinale e arcivescovo di Salerno, presiede la discussione. Quando l’argomento passa al linguaggio umoristico, Bibiena prende il comando. I partecipanti si impegnano poi in storie umoristiche, convenevoli e scherzi pratici. Il terzo libro definisce le qualità di una compagna adatta al perfetto cortigiano. A guidare le discussioni e a difendere le donne dagli attacchi è Giuliano de’ Medici (1479-1516), figlio di Lorenzo de’ Medici (1449-1492; vedi voce) e fratello di Papa Leone X (1475-1521; regnò 1513-21). I partecipanti discutono della virtù delle donne, dando esempi antichi e contemporanei e raccontando storie divertenti. Danno alla dama di palazzo molte delle stesse qualità del cortigiano. La bellezza fisica è più importante per lei, tuttavia, e deve essere sempre più discreta per preservare la sua buona reputazione. In questo libro le voci delle signore riunite si sentono più spesso, ma qui, come negli altri tre libri, le donne fanno solo domande. Anche se guidano le discussioni, non sono mai partecipanti attivi.
Il quarto libro inizia con una lunga discussione sul ruolo primario del cortigiano come consigliere del suo principe. I partecipanti concludono che il cortigiano deve guadagnarsi il favore del principe attraverso i suoi successi. Deve conquistare la fiducia del suo padrone in modo così completo che possa sempre parlare sinceramente senza paura. Può anche correggere il principe se necessario. Questo argomento porta ad un dibattito sui meriti delle repubbliche (governi governati da rappresentanti del popolo) e delle monarchie. L’argomento della conversazione si rivolge infine all’amore, riprendendo un tema introdotto nel terzo libro. Qui la discussione si concentra su come il cortigiano, che non è più giovane, dovrebbe amare. Pietro Bembo (1470-1547), una nota autorità in materia, istruisce il gruppo riunito su una teoria umanista dell’amore basata sulle opere di Platone. Bembo spiega, passo dopo passo, la via per salire da una visione della bellezza umana a una comprensione della bellezza ideale, e da lì a Dio. Mentre parla sembra perdere il contatto con ciò che lo circonda, e uno dei partecipanti gli tira la camicia per risvegliarlo dalla sua fantasticheria.
Aiuta a diffondere l’umanesimo
Il quadro idealizzato di Castiglione della società alla corte di Urbino divenne rapidamente un libro di galateo (regole di buone maniere) sia per la borghesia (classe media) che per l’aristocrazia (classe superiore) in tutta Europa. Fu tradotto in spagnolo nel 1534, in francese nel 1537, in inglese nel 1561 e in tedesco nel 1566. Il Libro del Cortegiano fu stampato in quaranta edizioni solo nel XVI secolo e altre cento entro il 1900. Attraverso di esso i grandi valori dell’umanesimo italiano, incentrati sull’ideale del cortigiano completo e ben sviluppato e della sua dama, si diffusero in tutta l’Europa occidentale. Eppure bisogna ammettere che nel Libro del Cortegiano gli alti ideali dell’humanitas, o cultura e virtù, sono elevati non per se stessi ma come strumenti di auto-avanzamento.
Un “ritratto della corte di Urbino”
Il Libro del Cortegiano è basato sulle esperienze di Baldassare Castiglione alla corte di Urbino. Descrive conversazioni avvenute nel 1506, e molti dei partecipanti sono cortigiani e dame che Castiglione ha incontrato durante gli anni trascorsi a Urbino. Nella lettera che apre il libro, Castiglione guarda a quei giorni con nostalgia, ricordando con ammirazione e amore gli amici che erano morti. Definì il suo libro un “ritratto della corte di Urbino”, attraverso il quale intendeva conservare la loro memoria. Immaginò che le conversazioni si svolgessero durante la sua assenza nel 1506, quando papa Giulio e i suoi accompagnatori si fermarono a Urbino. Questa tecnica permise a Castiglione di includere nel libro partecipanti che all’epoca non erano membri della corte. Gli permise anche di rimuovere se stesso dalle discussioni, che pretese di narrare così come gli erano state riferite.
Nella lettera di apertura Castiglione difese il suo uso di una lingua che non è il toscano, l’unico dialetto italiano (una varietà di una lingua parlata in una particolare regione o da un particolare gruppo) considerato adatto alla letteratura durante il Rinascimento. Invece, scrisse nella lingua usata dalle persone colte in tutta la penisola italiana. Questa enfasi sulla lingua può spiegare perché la lettera era indirizzata a Don Michel de Silva, un diplomatico portoghese e amico di Castiglione. Silva era interessato alle discussioni sulla lingua italiana. Castiglione dedicò il Libro del Cortegiano ad Alfonso Ariosto, un caro amico. Ariosto lo aveva sollecitato per conto del re Francesco I (1494-1547; regnò 1515-47) di Francia a scrivere un’opera sul tema del perfetto cortigiano.
Castiglione morì a Toledo, Spagna, il 7 febbraio. 7, 1529. Il suo nome continuò a vivere nel Libro del Cortegiano, che si legge ancora nel ventunesimo secolo. Castiglione fu caratterizzato da molti come un uomo dignitoso, malinconico e idealista, qualità che Raffaello catturò nel suo famoso ritratto dell’autore. Come scrittore, Castiglione tendeva ad ammorbidire i bordi ruvidi della società e ad evitare questioni morali. Per esempio, ha detto delle recenti prestazioni militari disastrose degli italiani, è meglio evitare questioni inquietanti che tirarle fuori continuamente. Un altro esempio del suo trattamento delle questioni sociali può essere visto nella sua risposta alla domanda su cosa dovrebbe fare un cortigiano quando gli viene ordinato dal suo principe di commettere un atto immorale come l’omicidio. Nel Libro del Cortegiano Castiglione ha dichiarato: “Ci sarebbe troppo da dire; deve essere tutto lasciato alla vostra discrezione”. Nonostante eviti complesse questioni morali e sociali, c’è molto di positivo nel libro. Castiglione ha elevato il concetto di personalità e dignità umana, e ha elogiato le possibilità creative del genere umano. Solo un modesto poeta sia in italiano che in latino, scrisse un bel sonetto (una poesia di quattordici righe con uno dei vari schemi di rima convenzionali) sulle rovine di Roma, Superbicolli e voi sacre ruine. Riappare nelle Antiquités de Rome, del poeta francese Joachim du Bellay (1522-1560), e in Ruines of Rome, del poeta inglese Edmund Spenser (1552-1599 circa). La poesia di Castiglione fu pubblicata nel 1760 e le sue lettere nel 1769 e 1771.
Per maggiori informazioni
Libri
Castiglione, Baldassare. Libro del Cortegiano; Un testo autorevole, critica. Daniel Javitch, ed. New York: Norton, 2002.