Il trasferimento di Malcom è servito come materiale eccellente per il sempre crescente gruppo di odiatori del Barça per spingere la narrativa popolare che lo slogan “Més que un club” è solo un motto ipocrita, romanzato e superato che attualmente non serve a nulla più che a scopi di marketing.
E perché no? Quando l’aereo partito da Bordeaux è arrivato a Roma, i tifosi impazienti (uno dei quali era la mamma di Malcom!) sono rimasti sbalorditi quando hanno scoperto che l’uomo del momento non era in realtà sull’aereo, ma piuttosto in viaggio verso il Barcellona.
La fine di questa storia la conosciamo tutti ormai, e il modo in cui questo trasferimento ha avuto luogo (UNA VOLTA DI PIÙ) non getta necessariamente una luce molto amichevole sul nostro club. Ma dobbiamo essere tutti realisti.
Quello che hanno fatto i dirigenti del Barcellona è stato illegale? Certamente no. Se non è stato firmato nulla, gli accordi verbali sono inutili. E se entra in ballo il Barça (a meno che il giocatore non sia un madridista/perico irriducibile o in questo caso un tifoso della Roma) è ovvio che il nostro club sarebbe la scelta preferita del giocatore.
E’ stato etico? Il presidente della Roma Pallotta sembra pensare di no. Ma dimentica per caso il modo in cui ci hanno soffiato Sanabria, ai tempi in cui il ragazzo stava per firmare il suo primo contratto da professionista? No. L’ideale sarebbe stato farlo in modo diverso. Il Barça ha infatti offerto delle scuse, che comprensibilmente non sono state accettate da Pallotta. Se i tavoli fossero invertiti ci sentiremmo anche noi in difficoltà. Ma anche qui mi manca la menzione dei Girondini in tutto questo.
Tuttavia, giudicando gli ultimi anni con un po’ di autocritica, il nostro club ha visto la sua parte di sporcizia essere associato ad esso fin dai giorni dell’UNICEF, e giocare la migliore marca di calcio che il mondo abbia mai visto. Dal fiasco della firma e della vendita di Neymar, alle dimissioni dell’ex presidente Rosell che è finito in prigione, allo scambio dell’UNICEF con il Qatar, fino al lento ma inesorabile affievolirsi di altri valori che il club rappresentava, non dovrebbe sorprendere che “Més que un club” sia disapprovato come non mai.
Uno slogan che viene messo in discussione anche dallo stesso Camp Nou, visto che questa settimana ricorre il 50° anniversario di quando il 32° presidente del FC Barcelona, Narcís de Carreras, pronunciò queste parole in un discorso nel luglio del 1968. Attualmente, lo stadio commemora “Cosa significa Més que un club?”
Nel tentativo di rispondere a questa domanda, per me “Més que un club” è una proposta di valore. È una connotazione storica e culturale. È un fatto. Proprio come la nostra storia, il motto del nostro club non potrà mai essere cancellato, indipendentemente dal consiglio di amministrazione in carica e dalla direzione che prenderà. I soci e i tifosi che sostengono il club stagione dopo stagione, nella buona e nella cattiva sorte, prima e dopo Messi, e sicuramente con o senza Bartomeu & Co, sono quelli che decidono cosa significa “Més que un club”.
La storia del Barça è il nostro orgoglio. Ma per quei critici che vogliono continuare a punzecchiare, perché non paragoniamo il FC Barcelona ad un altro conglomerato globale come la Apple?
La proposta di valore della Apple è “L’esperienza è il prodotto”. Questo ha cessato di essere il caso quando Steve Jobs è morto? Cambia con l’evoluzione dei loro prodotti nel tempo? No e no. Nel bene o nel male, Apple rimarrà impegnata nella ricerca di rispettare il motto della sua azienda.
È lo stesso nel caso del Barça. Siamo un club con una ricca storia di superamento degli ostacoli. Storicamente, siamo degli sfavoriti massicci. Un cambio di amministrazione con pratiche discutibili non cancella ciò che questa istituzione rappresenta per milioni di persone in Catalogna, in Spagna e nel resto del mondo.