Gli appassionati di cinema avranno notato la recente scomparsa del grande studioso del cinema italiano, Peter Bondanella, il cui lavoro su Federico Fellini ha contribuito a definirlo “uno dei più grandi autori del cinema”. Bondanella avrebbe apprezzato il nuovo restauro digitale de La Strada, il quarto film di Fellini, appena restaurato e distribuito da Studiocanal/Independent Cinema Office.
Rivisitare il film più di 60 anni dopo aver vinto il primo premio Oscar per il miglior film straniero nella chiarezza mozzafiato del suo restauro digitale ci ricorda perché la sua tenera semplicità ha rubato il cuore di critica e pubblico. La storia d’amore non convenzionale tra il brutale ed emotivamente analfabeta uomo forte Zampanò (Anthony Quinn) e la semplice e amorevole Gelsomina (Giulietta Masina) esplora gli archetipi maschili e femminili nel mondo onirico e marginale degli artisti itineranti e del circo – uno dei tropi preferiti di Fellini.
L’onestà del film deve molto, forse tutto, al fatto che Gelsomina era interpretata dalla moglie di Fellini. Questo non era fuori discussione. A 33 anni, Giulietta Masina era considerata troppo vecchia per il ruolo e, per gli standard italiani dell’epoca, non abbastanza attraente.
A un primo provino, il produttore, Dino de Laurentiis, sperava che la Paramount annullasse la scelta di Fellini come protagonista femminile a favore di una delle più tipiche dive italiane di quel periodo. Era il periodo dell’ascesa e dell’affermazione delle cosiddette “maggiorate fisiche” o pin-up, come Sophia Loren o Gina Lollobrigida. Certo, vedendo il film ora, è facile capire perché la Paramount ha deciso che la performance vulnerabile, infantile e stravagante della Masina si adattava perfettamente alla storia della femminilità maltrattata. Charlie Chaplin avrebbe detto in seguito che era una delle attrici che ammirava di più.
Questo fu il film che, per il pubblico internazionale, segnò una rottura con l’incredibilmente influente Neorealismo italiano che aveva prodotto film come Ladri di biciclette di Vittorio De Sica (1948). Tale era l’influenza dell’enfasi di quel cinema sulla vita reale che il pubblico londinese pensò che Masina fosse in realtà un’artista di strada impoverita e le donò dei vestiti dopo la prima.
Ma Fellini era più interessato all’anima di un uomo che al suo benessere materiale. Ci sono più Zampanò che ladri di biciclette, diceva – e forse, mentre l’Italia si dirigeva verso il suo miracolo economico, aveva già percepito un cambiamento di valori. Egli mescola simbolismo cristiano ed elementi fiabeschi in questa storia di una ragazza schiava che cerca di convertire il suo brutale “marito” al mondo dei sentimenti.
Il film si dimostrò enormemente popolare tra il pubblico britannico, contribuendo a incoraggiare l’abbraccio dei film italiani da parte del pubblico anglosassone negli anni ’50, come illustrato da molte delle riviste per i fan e dagli effimeri del periodo conservati dal Bill Douglas Cinema Museum presso l’Università di Exeter.
Ricordi di Goosebump
Un team delle Università di Oxford Brookes, Bristol ed Exeter ha raccolto i ricordi del pubblico sul cinema in Italia negli anni ’50. La Strada ha avuto un ruolo importante nelle loro risposte – senza essere interrogati, molti dei nostri intervistati hanno menzionato questo film come il loro preferito, insieme alla sua sorprendente protagonista femminile.
“Anche a distanza di anni, pensare a La Strada mi commuove”, ci ha detto una donna sarda di 65 anni. Una donna di 75 anni di Milano racconta dell’immensa pietà che ha provato per la protagonista femminile e di come si rattristi e le venga ancora la pelle d’oca sentendo la musica del film.
Naturalmente, la collaborazione di Fellini con il compositore Nino Rota è stata una caratteristica di alcuni dei film più noti del regista e la storia si è recentemente fatta strada sul palco del Regno Unito come un delicato pezzo di teatro musicale (diretto da Sally Cookson). Il ritornello di tromba di Gelsomina è espressivo di un desiderio d’amore che non può vedere ricambiato.
Chiesto quale film degli anni 50 li ha fatti piangere, gli intervistati italiani ricordano le lacrime versate in risposta alla scena finale del film. L’uso del melodramma da parte di Fellini ruota intorno alla tardiva conversione del suo protagonista uomo forte, Zampanò, che risuona con ciò che Steve Neale ha scritto sul “troppo tardi” del melodramma che scatena le nostre lacrime.
Il mondo degli uomini
Non è forse una sorpresa che siano state le nostre collaboratrici a dare queste risposte più lunghe e a impegnarsi più profondamente con la trama. Hanno riconosciuto la fragilità di Gelsomina di fronte alla donnaiola e ai comandi di Zampanò, riecheggiando fin troppo da vicino la sottomissione di Masina ai capricci del suo ingombrante marito, Fellini – notoriamente duro con lei sul set. Forse il film rifletteva anche le loro esperienze di una società in cui gli uomini avevano ancora il brutale sopravvento.
Fellini stesso ha detto che un mal definito senso di colpa lo ha portato a fare il film, e non è un segreto che non ha reso la vita matrimoniale facile a Masina. La sua prospettiva sulla femminilità ha causato controversie, dato che le sue riflessioni più autocoscienti su come gli uomini fantasticano sulle donne ci hanno portato alla visione di Anita Ekberg nella fontana di Trevi nello spettacolare La dolce vita (1960) e all’harem fantastico di Guido nel molto più complesso Otto e mezzo (1963). In questi film non c’è Masina – ma forse ciò che rende La Strada così avvincente è proprio l’eco profonda del sodalizio Fellini-Masina.
Quello che sicuramente presenta è una visione novecentesca e sadomasochista della mascolinità e della femminilità come tutt’altro che complementari, una visione che ci ossessiona ancora oggi.